Dal primo gennaio 2018 è entrata in vigore una legge, approvata lo scorso agosto, che porta delle novità nell’uso dei sacchetti di plastica leggeri e ultraleggeri nei supermercati: per intenderci, sono quelli comunemente utilizzati per imbustare frutta, verdura, carne e salumi, che – tra le altre cose – sono tra i principali responsabili dell’inquinamento dei mari. La norma ha previsto l’introduzione di nuovi sacchetti biodegradabili da far pagare ai consumatori, al pari delle normali buste della spesa. Il costo dei sacchetti potrà variare da un negozio all’altro, ma dovrebbe aggirarsi tra 1 e 5 centesimi ciascuno. I sacchetti, come già quelli biodegradabili venduti alle casse dei supermercati, potranno essere usati per contenere i rifiuti organici.
I nuovi sacchetti dovranno essere composti da materiali biodegradabili per il 40 per cento, che diventerà 50 per cento dal primo gennaio 2020 e 60 per cento dal primo gennaio 2021. Per chi non rispetta la nuova legge si prevedono sanzioni che vanno dai 2.500 ai 25 mila euro.
Ora, al di là delle motivazioni reali che hanno spinto ad approvare questa legge assurda, visto che ben poco si può fare per opporsi, forse occorre vedere questa situazione come un’opportunità.
Il supermercato è stato per anni l’emblema della comodità, del luogo dove si può reperire qualsiasi prodotto, dedicando il minimo del nostro tempo. Esso è nato dall’esigenza di una società che vive nella “fretta”.
In particolare, in luoghi ad alta vocazione agricola, che promuovono il concetto di “Slow Food”, noi non lo abbracciamo a dovere. Dedicare tempo all’acquisto degli alimenti è qualcosa che facciamo per sopravvivere, ma di certo preferiamo intrattenerci vagando per negozi di vestiti, scarpe e chi più ne ha, più metta!
Abbiamo aziende di frutta e verdura, agrimacellerie, caseifici, panettieri e pasticcieri a due passi da casa, ma continuiamo comunque rinchiuderci in quei grandi fabbricati termocondizionati, dove riduciamo il contatto umano al minimo.
Tornare a comprare da chi il nostro cibo lo produce direttamente, guardandolo negli occhi, e chiedendo tutto ciò che vogliamo sapere. Torneremo così ad avere una cultura alimentare, non dettata da ciò che i mass media vogliono propinarci (vedi speculazioni e falsità sul biologico), ma saremo davvero informati su ciò che mangiamo.
Allora ben vengano i sacchetti a pagamento nei supermercati, nella speranza che i consumatori siano più invogliati a scoprire le piccole realtà che hanno vicino a casa.